Al Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi

Finalmente la Toscana ha uno scatto di orgoglio degno del suo glorioso passato di primo governo ad avere abolito la pena di morte e del suo protagonismo nelle lotte anti-manicomiali degli anni’70.

Non si può che plaudire alla proposta del Presidente Rossi in risposta all’appello del Presidente Napolitano sulla situazione carceraria di attivare, in tempi brevi, alternative alla detenzione contribuendo concretamente alla soluzione del sovraffollamento.

Ma c’è un altro appello del Presidente della Repubblica che attende una risposta: quello sull’ “orrore degli ospedali psichiatrici giudiziari” per la cui chiusura è stata approvata una legge nel febbraio 2012 che ha già subito una proroga nella sua scadenza per la chiusura e si avvia, con buona pace di tutti, ad un ulteriore rinvio; l’urgenza di dare una risposta di civiltà agli internati in opg deriva anche dal fatto che per loro, al contrario che per i detenuti comuni, non ci saranno né indulti né amnistie (ammesso che vengano fatti).

Anche la Toscana ha un problema “Ospedale Psichiatrico Giudiziario”, anzi due: quello di coordinare, in quanto sede di Istituto, le Regioni del bacino che fanno capo a Montelupo nei loro programmi di dimissione e quello di dimettere, chiudendo definitivamente Montelupo, i cittadini toscani malati di mente e autori di reato restituendo loro il diritto alla cura.

Gli attuali internati toscani sono circa 40 e vivono, nonostante qualche miglioria ambientale e l’impegno del personale, in ambienti in condizioni di degrado ancora molto simili a quelle denunciate dalla Commissione Marino (e che portarono al sequestro di alcuni padiglioni) e in un “clima” in cui gli aspetti carcerari continuano a prevalere su quelli per la cura.

E’ vero che la Regione ha presentato nel settembre scorso un piano per il superamento di Montelupo ma si tratta di un progetto che nuovamente punta tutto sulla istituzione di nuovi posti letto o sul potenziamento di quelli esistenti – per un totale di 72 posti letto a fronte di una presenza, come detto di circa 40 internati – e che, senza volere entrare nel dettaglio di altri aspetti criticabili del progetto, prevede di creare ex novo queste strutture per le quali, compresa quella di S.Miniato strategica per tutto il progetto, non esiste nulla (identificazione e localizzazione della struttura nel territorio, progetto edilizio esecutivo, ipotesi di gestione, ecc.) se non la richiesta di finanziamento avanzata al Ministero della Salute.

E’ evidente che si tratta di un percorso lungo ed incerto mentre gli internati di Montelupo, come gli altri detenuti di cui la Regione tramite suo vuole farsi carico, richiedono risposte immediate e concrete.

Allora  occorre affrontare la chiusura di Montelupo, almeno per quanto riguarda gli internati toscani, con lo stesso spirito che informa la sua proposta per la scarcerazione  di 300 detenuti tossicodipendenti.

Nel caso di Montelupo i numeri sono molto inferiori, inoltre esiste già un finanziamento per la dimissione di 20 internati che una volta avvenuta ridurrebbe ad una ventina il numero di soggetti di cui i dipartimenti di salute mentale dovrebbero farsi carico.

Non possiamo credere che Dipartimenti di Salute Mentale che trattano annualmente oltre 50000 pazienti e ne ha in carico quasi trentamila, in una Regione che dispone di oltre 400 posti letto psichiatrici in strutture residenziali, non riescano a trovare una risposta a 40 internati che sono, innanzitutto e come prevede la legge, cittadini bisognosi di cure!

La Regione attivi quindi per la chiusura di Montelupo e la presa in carico nel territorio degli internati toscani una task force chiamando a parteciparvi, oltre alla Regione e ai Dipartimenti di Salute Mentale, la Magistratura, il PRAP, le Aziende USL, le associazioni e il terzo settore; si abbandonino progetti di nuova istituzionalizzazione della sofferenza mentale e si faccia tesoro delle esperienze virtuose già realizzate in diverse realtà toscane di presa in carico territoriale.

Coraggio Presidente, completi la sua proposta in favore dei detenuti tossicodipendenti, facendosi carico anche degli internati in OPG e la Toscana, col suo glorioso passato, tornerà ad essere un punto di riferimento per la civiltà dei diritti!

Arezzo, 29.10.2013

                                                           Cesare Bondioli – Psichiatria Democratica Toscana

Morti di Lampedusa una tragedia collettiva.

STaino Lampedusa

La forza di Basaglia si chiama libertà


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ALBERGO dei poveri progetto insabbiato

ALBERGO dei poveri progetto insabbiato

la Repubblica 18 luglio 2013  (ediz. Napoli pagina 1 e IX)

FIRMA LA PETIZIONE !

Emilio LUPO – Segretario Nazionale di Psichiatria Democratica

Salvatore DI FEDE – Resp. Organizzazione Naz. di Psichiatria Democratica

Facendo un po’ i conti, sono oltre una dozzina di anni che rincorriamo le Istituzioni affinchè la città di Napoli si attrezzi – anche alla “maniera europea” – per dare risposte ai sempre più numerosi cittadini senza fissa dimora (sfd).

Sono cresciuti con gli anni!

Dicevamo alla “maniera europea”, perché ormai tutto si misura, calibra, definisce in questa dimensione, anche se, poi, tutto resta ancorato a questa dimensione del possibile, mai del realizzato. A dire la verità potremmo anche risparmiarci questa traversata nel vecchio continente perché altrove, ovvero in altre parti dello stivale, qualcosa di più si è fatto o si sta facendo.

Noi, per dirla tutta, ci abbiamo provato con tutti gli Assessori e, quindi, con tutte le Giunte sin da quando come gruppo di Associazioni, allora denominato “Laboratorio per le città sociali” offrimmo - era il 2001 - agli Amministratori (gratuitamente, sia ben chiaro) con un opuscolo più che gradevole anche dal punto di vista grafico, un dettagliato progetto sul cui frontespizio si poteva leggere: “… attivare risorse multiple ed articolate a favore dei cittadini senza fissa dimora secondo i bisogni e nel rispetto delle individualità”.

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PSICHIATRIA DEMOCRATICA E UNASAM CONTRARI ALLA 181

Dichiarazioni di Emilio Lupo tratte da L'Unità del 14 maggio 2013

 

TUTTI PAZZI PER LA 181

di Cristiana Pulcinelli (pagina 17)

............... Ma c'è chi questa proposta non la condivide. Per Emilio Lupo, Segretario di Psichiatria Democratica,"esiste la legge quadro ed esistono i progetti obiettivo regionali. Nella lege c'è già la centralità dei servizi teritoriali, c'è il nuovo protagonismo di utenti e familiari,c'è la centralità dell'abitare e del lavoro, il resto può essere inserito nei regolamenti aziendali o nei progeti obiettivo regionmali. Il problema oggi è un altro:il depauperamento delle risorse dei dipartimenti di salute mentale.Oggi non c'è turnover, le risorse per l'abitare e il lavoro sono sempre meno. Il che vuol dire che si può aprire una deriva veso una neoistituzionalizzazione. Oggi c'è da difendere la centralità del servizio pubblico,partendo dalla linea di demarcazione della 180".

 

Antefatto:

L'associazione "Le parole ritrovate" lancia un'iniziativa popolare cui è stato dato il nome di "181": un testo di legge presentato come "fuori dagli schemi", in cui "speranza e fiducia sono le parole-chiave". I proponenti: "Bisogna far partecipare utenti e familiari ai servizi di salute mentale e garantire buone cure in tutta Italia". E sono pronti a raccogliere 50mila firme con lo slogan "Tutti pazzi per la 181" . Per saperne di più

 

Ed inoltre

Secondo il presidente Luigi Attenasio "non c'è bisogno di una nuova legge" e la proposta di superare la 180 è "inutile": occorre invece applicare la normativa vigente perché laddove ciò è stato fatto essa ha funzionato. Il vero problema? "I servizi desertificati"

ROMA - La proposta di legge 181? "Noi riteniamo che sia inutile e potenzialmente dannosa". A parlare è Luigi Attenasio, psichiatra e presidente dal 2010 di Psichiatria democratica. Non c'è bisogno di una nuova legge, ma di applicare quelle vigenti: dove la legge 180 è stata applicata, ha funzionato".

I promotori della "181" sostengono che sia arrivato il momento di andare oltre, di colmare ciò che la 180 ha lasciato di incompiuto, cioè il "chi fa che cosa dove e quando".

La 180 è la cornice. Dice cose semplicissime ma sostanziali. Sul terreno delicato del trattamento sanitario obbligatorio, ad esempio, si sanciscono una serie di garanzie a tutela della inviolabilità della persona: deve avvenire su proposta di un medico, con la convalida di un medico di struttura pubblica, con la convalida del sindaco, carica eletta e responsabile sanità, e poi c'è la figura del giudice tutelare. Non si parla più di autorità giudiziaria, come era dal 1904, così come non si parla di "pericolosità", si "decolpevolizza" il paziente. Due Progetti-obiettivo hanno dato concretezza e gambe a quei principi. Lì è detto come devono essere i dipartimenti, i centri diurni e le comunità, si ribadisce il primato dei territori. E più di 220 dipartimenti di salute mentale sono nati in Italia a seguito di questi testi, che in questo sono stati evidentemente rispettati. Ma il vero problema è un altro.

Qual è il vero problema?
Il vero problema è che i nostri servizi sono desertificati. Ho bisogno di operatori qualificati, mentre per effetto della spending review, dei tagli e della crisi economica si sta smantellando un sistema. E' in atto il tentativo di uccidere il welfare state. La nostra missione di aiutare chi è in condizione di sofferenza è messa a dura prova.

La proposta di legge 181 prevede l'utilizzo remunerato, nei dipartimenti, degli utenti e familiari esperti. Come giudica questa proposta?
Noi diciamo no, perché continuerebbe una asimmetria tra operatore qualificato e persone che sarebbero anche sottopagate. Non per svalutare il protagonismo degli utenti e dei loro familiari, anzi: a questo proposito ricordo anche l'esperienza dei "44 matti" al Parlamento europeo, dove abbiamo accompagnato utenti e familiari a portare la propria testimonianza. Ma ad ognuno il suo ruolo. Tutto è importante, fuori dai manicomi, ma professionalizzare alcuni non crediamo sia una buona strada. Se l'esperienza di Trento (di cui i promotori della legge sono portatori, ndr) funziona, bene. Ma a farla diventare modello tramite legge dello Stato diciamo no. Peraltro ci sono tante esperienze altrettanto positive.

Oggi pomeriggio, a 35 anni dalla legge 180, Psichiatria democratica organizza una iniziativa su "La 180 e la medicalizzazione della vita": si parla di scienza, soggettività, diritti e legami sociali.
Per noi il 13 maggio è il giorno della liberazione dal giogo manicomiale. La legge 180 ha in sé valori di democrazia, diritti e legami sociali. Per questo metterla in discussione è come se si volesse mettere in discussione la Costituzione. Noi come Psichiatria democratica e i tanti altri soggetti che oggi con noi organizzano questa iniziativa (da Cittadinanzattiva all'Unasam a Progetto Diritti onlus solo per citarne alcune, ndr), siamo usciti fuori dal recinto della psichiatria. Parliamo di salute mentale e di come costruirla, e questo è un problema di tutti, una questione di valori e di civiltà. (ep)

(13 maggio 2013)

 

 

 

Dichiarazioni di Lupo e Bondioli sugli Ospedali Psichiatrici Giudiziari: commissariamento per le regioni inadempienti e penalizzazione economica del fondo sanitario.

In relazione alla imminente conversione in legge del decreto di proroga della chiusura degli opg, dal 31.3.2013 al 1.4.2014, Psichiatria Democratica , attraverso il  Segretario Nazionale Emilio LUPO e il responsabile Naz. Carceri e OPG Cesare BONDIOLI, ribadisce quanto ripetutamente affermato nel corso del dibattito in questi anni.

Pur essendo sempre stata Psichiatria Democratica sempre contraria, in linea di principio, a qualunque proroga, riteniamo che il decreto di proroga risulterebbe gravemente depotenziato se, oltre a prevedere il commissariamento per le Regioni inadempienti, non prevedesse anche una loro penalizzazione in termini di trasferimento del Fondo sanitario. Ci sostiene in questa nostra posizione l’esperienza a suo tempo vissuta per la chiusura dei manicomi dopo la 180/78: di anno in anno la reale chiusura è slittata, nell’indifferenza generale, in primis delle Regioni, fino a che la Finanziaria del 1996 non previde una penalizzazione  delle Regioni e Asl inadempienti sulla chiusura dei manicomi, del 2,5%  oltre ad un loro commissariamento. Questo provvedimento fece sì che anche i “ritardatari” si attivassero per la chiusura dei manicomi che avvenne entro il 2009 con la loro completa dimissione.

La vicenda degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari è per molti aspetti analoga, complicata dal fatto che su ognuno di essi insistono diverse Regioni anche se quella dove è ubicato l’opg funge da capofila per coordinare i progetti di dimissione, per cui riteniamo indispensabile rafforzare la cogenza dei termini per la chiusura con provvedimenti che investano direttamente e pesantemente gli inadempienti (nel nostro caso la regione capofila ma anche le altre del bacino).

Psichiatria Democratica chiede pertanto che in sede di conversione il Decreto venga emendato, ribadendo:

-          Il ricorso al commissariamento delle Regione e della Aziende ASL, non rispettose dei termini per la chiusura degli opg con restituzione degli internati ai loro territori attraverso i Dipartimenti di Salute Mentale che ne cureranno la dimissione, con programmi terapeutici individualizzati, così come andiamo ribadendo da tempo;

-          Che il suddetto provvedimento sia accompagnato da una penalizzazione delle Regioni inadempienti nei trasferimenti del Fondo sanitario nella misura del 2,5%.

L’esclusione Da Trieste a Trastevere. Su una biografia di Franco Basaglia.

di Antonello D’Elia

                                               (per Lo straniero – Ottobre 2012)

 

Da qualche mese in una piazza di Trastevere sono comparse le cancellate. Alte, grigie e acuminate circondano un parco giochi che fino a qualche tempo fa era abbandonato per l'incuria delle amministrazioni e la colpevole approssimazione con cui era stato realizzato solo pochi anni prima. Il nuovo recinto metallico ora separa dal resto della piazza lo spazio in cui giocano i bambini sotto gli occhi di mamme, papà, nonni e baby sitter e delimita inequivocabilmente un dentro e un fuori. A decidere su questo piccolo intervento di 'arredo' urbano è stato un comitato di cittadini, creatosi intorno alla locale sezione del più importante partito d'opposizione del passato governo che, dopo mesi di riunioni e consultazioni, ha identificato questa soluzione al problema della sosta dei barboni che da tempo abitano la piazza. Al lato di uno degli accessi è stata affissa una seriosa targa in ottone su cui una scritta compassionevole dedica questo parco al piccolo Claudio, un bambino che ha terminato la sua breve esistenza volando giù in acqua dal parapetto di un vicino ponte sul Tevere, scagliatovi dal giovane padre che in quel gesto assurdo ha portato a compimento la vita del figlio, quella sua e una storia turbolenta e irrisolta di figlio della periferia romana.

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Incontro-Dibattito


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Cesare Bondioli: perchè la SIP sbaglia di grosso sugli OPG.

La posizione della Società Italiana  di Psichiatria (SIP)
non mi stupisce perché l'associazione degli psichiatri italiani non è stata
particolarmente presente in questi anni sul tema della chiusura degli opg:
bisogna considerare che il problema si è
posto fin dall'aprile 2008 con l'approvazione del DPCM che prevedeva il
"graduale superamento degli OPG" e la legge del febbraio 2012 è solo
l'ultimo atto di questo percorso. Nel frattempo ci sono state le ispezioni
della commissione sull'efficienza e l'efficacia del SSN presieduta dal Sen.
Marino, il suo filmato sconvolgente, le dichiarazioni sdegnate del
Presidente della Repubblica, ecc. senza che la SIP si esprimesse in maniera
così netta come nell'ultimo comunicato. E' vero che anche dopo l'emanazione
della Legge che fissa i termini tassativi per la chiusura degli opg ci sono
stati altri ritardi da parte degli organi ministeriali nell'emanazione degli
atti di attuazione della legge.

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Ma stavolta la città dev'essere coinvolta

di Emilio LUPO e Salvatore di FEDE

La Repubblica 04 luglio 2012 —   pagina 1   sezione: NAPOLI

Le dichiarazioni del sindaco Luigi de Magistris sulle risposte da offrire a cittadini disagiati anche utilizzando un piccolo spazio tra quelli disponibili presso l'ex Albergo dei poveri hanno un doppio merito: 1) Porre finalmente dentro il progetto di una nuova Napoli le soluzioni al disagio che la comunità deve alle persone senza fissa dimora; 2) Riprendere in maniera organica il dibattito sulla destinazione di Palazzo Fuga.

Già una dozzina di anni fa ponemmo all'attenzione, prima come associazione e poi insieme a tante realtà associative e di volontariato militante raccolte sotto la sigla "Comitato per l'Albergo dei poveri», il destino di questa straordinaria struttura ed i suoi rapporti con l'intera metropoli.

Ma nessuno raccolse l'invito che pure rivolgemmo all'amministrazione cittadina di allora, agli intellettuali ed alle forze politiche e sociali.

Dicemmo allora e riproponiamo, qui ed ora, le linee del nostro intervento: «L'Albergo dei poveri deve diventare patrimonio collettivo e irrompere come suo bene nella città. Scompigliando e poi scomponendo deve tornare a unire. Rimanere pure testimone del plumbeo passato, ma provandosia divenire come ponte verso quella stessa città che vi aveva, progressivamente, confinato la sua speranza. Una sorta di riparazione a posteriori.

Un po' illuminista? Possibile. Palazzo Fuga che da mura di costrizione/separazione può diventare finestra aperta dentro la città. E guardare in fondo alle sue viscere: finalmente». Restiamo del parere che quello spazio debba diventare una bella cosa. Dalle molteplici funzioni.

Della quale andare orgogliosi.

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Lettera di Cesare Bondioli (Responsabile Nazionale Carceri e OPG di Psichiatria Democratica) sul Decreto di chiusura degli OPG.

 

                                                                   Arezzo 1 Febbraio 2012

Cari compagni ed amici,

le polemiche suscitate dall’approvazione dell’Art 3 –ter del c.d. “Decreto svuota carceri”, mi riportano alla mente quanto successo nel 1978 con l’approvazione della 180, specie per la sua parte che introduceva il TSO.

E’ noto che lo stesso Franco Basaglia avrebbe voluto che nella legge non fossero previsti dispositivi “coercitivi” ma con grande senso di responsabilità e visione politica, finì per accettare il TSO come male minore. Anche allora parti consistenti del movimento si opponevano al tso ma nessuno si spinse fino al punto di disconoscere la 180 per una visione “pura e dura” dei risultati della lotta di deistituzionalizzazione dei manicomi di cui la 180 fu comunque l’esito e l’inizio di una sua generalizzazione. Nessuno si sognò di dichiararsi apertamente contrario alla 180 , insieme alle destre, anzi tutti rivendicarono la Legge come un successo del lavoro svolto dal movimento anti-istituzionale dentro i manicomi e nel territorio; tutti poi si sono impegnati nel lavoro quotidiano per una applicazione avanzata della legge proprio nei suoi aspetti più critici e criticabili: da qui la battaglia, non ancora vinta, per SPDC aperti e senza contenzioni o per forme di ricovero alternative (v. servizi di salute mentale h 24 con posti letto).

Leggi tutto: Lettera di Cesare Bondioli (Responsabile...

Per Vincezo Consolo

 

E' morto lo scrittore  Vincenzo CONSOLO e siamo tutti più soli e fragili.

Ci mancheranno i suoi sguardi teneri e indagatori.

I suoi ammonimenti che erano riflessione collettiva ma anche coinvolgimento personale.

Diretto.

Convinto.

Mai occasionale o di facciata.

Vincenzo era uno di noi.

E questo ci inorgogliva.

E questo ci inorgoglisce.

Minatori,

diritti civili,

su di una biro che era una clava,

un martello,

una chiave,

uno spartito.

Ci piace immaginarlo che se ne sia andato con sotto il braccio

Il Sorriso dell'ignoto marinaio,

che abbiamo tanto amato.

Forse perchè così continuerà a solcare

mari e onde sulla sua penna

che lo iscrive tra i maggiori e più acuti innovatori del linguaggio,

della letteratura internazionale.

A Caterina dolce e tenace compagna, 

testimone e protagonista di una storia che il tempo non potrà mai esaurire

l'abbraccio più forte di tutta Psichiatria Democratica.

Emilio

una delegazione di Psichiatria Democratica sarà presente ai suoi funerali che si terranno a Sant'Agata di Militello in Sicilia, suo paese natio

leggi:

 

IL MEDITERRANEO TRA ILLUSIONE E REALTÁ, INTEGRAZIONE E CONFLITTO NELLA STORIA E IN LETTERATURA

l'UNITA'- Giovedì 5 gennaio 2012

 

Che cosa lega l'articolo 1 il 18 e la legge 180.

di Emilio Lupo, Psichiatra

Segretario Nazionale di Psichiatria Democratica

 

Ed ecco i numeri: 1, 18 e 180.

Forse perchè i conti si fanno a fine d'anno,

che un ciclo si è concluso (con danni gravi, assai),

ed un altro si è appena aperto ( e già fa male, tanto).

Piuttosto, dicono gli esperti, i numeri hanno sempre un filo che li unisce,

li mescola,

li completa.

Lo stesso filo che divide,

minimizza o esaspera.

Con dentro le persone,

sole,

stritolate,

affannate,

da nord a sud.

Numeri che chiudono ma anche che tengono aperta,

una speranza,

una lotta,

una Nazione.

E il numero 1 così recita:

"L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro",

un numero sul quale si sono abbattuti tanti altri e, precisamente:

due milioni e oltre di disoccupati.

Ma i numeri - si sa -  sono, talora, anche paradossali,

dispettosi,

ingenui,

soffocanti,

frizzanti e vivaci.

Non per il numero 1. Giammai!

Lui è sempre in alto,

maestoso,

rassicurante.

Una grande madre.

un padre autorevole.

Un occhio che vigila.

La vetta, insomma.

Eppure piccolo nella sventura,

quando la somma del comignolo che non fuma più,

e della mensa vuota,

e del deposito deserto,

e del reparto muto e della tuta al chiodo, raggiunge prima i milioni

e poi il miliardo.

E così non sta più in alto,

e diventa matrigna,

disamorato.

Ultimo con gli ultimi.

E si fa avanti il numero 18 che così recita:

" il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi....o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro....... di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.....". E' questo un numero per così dire rinnovato e rinnovabile

o forse più precisamente periodico,

non nella sua accezione tecnica, piuttosto in quella politica.

Una sorta di licenza poetica con l'imprimatur dello Stato.

Oppure un riflesso pavloviano: basta sedersi - anche per un attimo - nella stanza dei bottoni ed ecco che il riflesso diventa subito condizionato, anche da chi non te lo aspetteresti: per salvare il Paese, per creare posti di lavoro - si sentenzia - bisogna rivedere l'articolo 18 (sic!).  La panacea.

Intanto nel Paese si registra un miliardo (leggasi un miliardo!) di ore di cassa integrazione,

e ben 4 milioni di precari e, così,  ti vedi costretto, dopo tanti anni di duro lavoro

come di pochi mesi

di esperienza - nei quali hai messo l'anima -

o ad accettare un contratto capestro

oppure portare la testa,

le mani,

l'anima,

lontano da casa.

Ritorna, d'incanto, il paradosso dei numeri: per assumere bisogna licenziare!

Ed eccolo che entra il campo il numero 180, che tra le tante cose afferma che: èin ogni caso vietato costruire nuovi ospedali psichiatrici, ma anche che l'assistenza psichiatrica non è più manicomio, elettroshock, letto di contenzione, bomba di farmaci, inguaribilità,

ma visita ambulatoriale/domiciliare,

Centro diurno,

lavoro, casa, vacanze.

Insomma dignità e nuovo protagonismo di utenti, familiari e operatori.

Alla sopraffazione si sostituisce il prendersi cura.

1, 18,180.

Tre numeri apparentemente distanti.

Tre numeri forti.

Tre pagine indelebili.

Scritte con il sangue, la fatica e la testa

da chi non ci sta a dire sempre di sì.

Tre pagine repubblicane.

Laiche.

Tre simboli di un Paese che se rinasce lo farà

partendo da queste basi.

L'Unità d'Italia ha anche questi numeri.

Un libro di Giovanni Rissone

Presentato sul TGR Leonardo del 28/12/2011( 28 12 2011 Leonardo )

su Rai.tv  dal 9 minuto circa 

Oppure lo puoi vedere qui sotto.

 

 

Pazzo

IL MEDITERRANEO TRA ILLUSIONE E REALTÁ, INTEGRAZIONE E CONFLITTO NELLA STORIA E IN LETTERATURA

Vincenzo Consolo

Letto al convegno di Psichiatria Democratica 12-13.3.2009 Caltagirone

Archiviato nei saggi

 

In una notte di giugno dell' 827, una piccola flotta di Musulmani (Arabi, Mesopotamici, Egiziani, Siriani, Libici, Maghrebini, Spagnoli), al comando del dotto giurista settantenne Asad Ibn al-Furàt, partita dalla fortezza di Susa, nella odierna Tunisia, emirato degli Aghlabiti, attraversato il braccio di mare di poco più di cento chilometri, sbarcava in un piccolo porto della Sicilia: Mazara (nella storia ci sono a volte sorprendenti incroci, ritorni:Mazar è un toponimo di origine punica lasciato nell'isola dai Cartaginesi). Da Mazara quindi partiva la conquista di tutta la Sicilia, dall'occidente fino all'oriente, fino alla bizantina e inespugnabile Siracusa, dove si concludeva dopo ben settantacinque anni. Si formò in Sicilia un emirato dipendente dal califfato di Bagdad. In Sicilia, dopo le depredazioni e le spoliazioni dei Romani, dopo l'estremo abbandono dei Bizantini, l'accentramento del potere nelle mani della Chiesa, dei monasteri, i Musulmani trovano una terra povera , desertica, se pure ricca di risorse. Ma con i Musulmani comincia per la Sicilia una sorta di rinascimento. L'isola viene divisa amministrativamente in tre Valli, rette dal Valì: Val di Mazara, Val Dèmone e Val di Noto; rifiorisce l'agricoltura grazie a nuove tecniche agricole, a nuovi sistemi di irrigazione, di ricerca e di convogliamento delle acque, all'introduzione di nuove colture (l'ulivo e la vite, il limone e l'arancio, il sommacco e il cotone...);  rifiorisce la pesca, specialmente quella del tonno, grazie alle ingegnose tecniche della tonnara; rifiorisce l'artigianato, il commercio, l'arte. Ma il miracolo più grande durante la dominazione musulmana è lo spirito di tolleranza, la convivenza tra popoli di cultura, di razza, di religione diverse. Questa tolleranza, questo sincretismo culturale erediteranno poi i Normanni, sotto i quali si realizza veramente la società ideale, quella società in cui ogni cultura, ogni etnia vive nel rispetto di quella degli altri. Di questa società arabo-normanna ci daranno testimonianza viaggiatori come Ibn Giubayr, Ibn Hawqal, il geografo Idrisi. E sul periodo musulmano non si può che rimandare alla Storia dei Musulmani di Sicilia, (1) scritta da un grande siciliano  dell' 800, Michele Amari. Storia scritta, dice  Elio Vittorini, “con la seduzione del cuore” (2). E come non poteva non scrivere con quella “seduzione”, nato e cresciuto nella Palermo che ancora conservava nel suo tempo non poche vestigia, non poche tradizioni, non poca cultura araba ? Tante altre opere ha scritto poi Michele Amari sulla cultura musulmana. Per lui, nel suo esempio e per suo merito, si sono poi tradotti in Italia scrittori,

 

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