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COME LA STUPIDITA' RENDE PARADOSSALMENTE EFFICIENTE LA SANITA' MCDONALDIZZATA.

"La stupidità è ormai una modalità di vedere il mondo in superficie,
di fare le cose senza pensarci troppo,
anche perchè, se si approfondisse, si finirebbe per non fare niente"
Vittorino Andreoli. La vita digitale

 

Il paradosso della stupidità sistemica in sanità

 

L'efficienza aziendale, in un mercato sempre più libero e globalizzato, richiede paradossalmente quantità notevoli di stupidità collettiva.
La suddivisione del lavoro in compiti semplici, standardizzati, automatizzati, come si verifica in un sistema di tipo mcdonaldizzato, permette di realizzare in breve tempo e al minor costo, sfruttando la tecnologia disponibile, in altri termini con la massima efficienza, un determinato obiettivo (1).
Per questo i membri dell'organizzazione aziendale sono invitati a rispettare rigidamente un certo ruolo all'interno della macchina produttiva, senza pensare troppo al senso del processo poichè ogni possibile critica, e dunque intoppo, riduce inesorabilmente l'efficienza del sistema.
Per Alveson e Spicer il motore del capitalismo sembrerebbe dunque essere lubrificato assurdamente dall'idiozia, trasmessa contagiosamente dai vertici aziendali (2).
Indipendentemente dal QI e dal livello d'istruzione, intrappolate nella rete organizzativa e sottoposti a forze di vario genere, i membri di un'organizzazione produttiva vengono incoraggiati a comportarsi stupidamente e ad ignorare, ovvero evitare di conoscere, cose che potrebbero essere sconvenienti (3).
Proprio come un fast-food la medicina pratica si fonda oggi su banali routine e interventi impersonali regolati da norme, linee-guida, protocolli, di cui generalmente non ci si chiede il senso per non rischiare di inceppare la procedura o rischiare noie legali.
Grazie alla stupidità e all'ignoranza inculcate strategicamente dal sistema possono così essere erogate prestazioni cliniche in quantità industriale, che come le comuni merci, di qualità scadente e monouso, risultano in genere inconcludenti e generatrici di ulteriori esami (4).
Lo spirito critico degli operatori della sanità mcdonaldizzata viene dunque affossato mentre il ragionamento clinico, che come processo logico e statistico conduce faticosamente dall'anamnesi (piena conoscenza della storia personale del paziente) alla prognosi (che implica la valutazione attenta del rapporto costo/beneficio degli interventi), sostituito dall'immediato e cieco ricorso alla tecnologia, e in particolare all'imaging.


Il medicus videns e la morte del ragionamento (clinico)

La videodipendenza come fenomeno di massa in qualche modo contribuisce a rinforzare la stupidizzazione sanitaria.
L'attaccamento morboso a Google, Facebook, Instagram, Wathsapp, YouTube sta infatti producendo una cultura planetaria di tipo prettamente visuale e spazzato via quella letteraria, con negative implicazioni riguardanti non solo i comportamenti, le modalità di socializzazione e il linguaggio ma operazioni cognitive complesse come l'attenzione, la memoria, la riflessione (5).
Oltre a bloccare l'introspezione, il discorso interno e la metacognizione (riflessioni sul proprio pensiero), il multitasking e il bombardamento visivo ubiquitario (a parte il nulla culturale trasmesso dai nuovi media) ostacolano l'elaborazione di un pensiero critico e autonomo.
In ultima analisi le tecnologie sviluppatesi negli ultimi decenni, che si sostanziano negli schermi di telefonini, computer e apparecchi elettronici, rendendo la vita e il lavoro sempre pià facili, veloci, comodi, piacevoli e performanti, indeboliscono il cervello dell'Homo Sapiens e rischiano di cancellare millenni di progresso intellettuale (6).
Contemporaneamente la profonda crisi del mercato editoriale, con la continua chiusura di testate giornalistiche e librerie, riflette la crescente disaffezione dell'umanità nei confronti della lettura, attività che infatti comporta un duro lavoro cognitivo.
Queste dinamiche probabilmente contribuiscono all'indebolimento del ragionamento clinico e alla passiva sudditanza del medico nei confronti dello schermo (e della tecnologia in generale).
Gli ulteriori progressi dell'olografia e della telerobotica, in una società in avanzato stato di liquefazione, come direbbe Zygmunt Baumann (7), finiranno anche per troncare irreversibilmente il rapporto medico-paziente, un tempo caratterizzato da un contatto empatico, visivo ed epidermico solidissimo, perchè, come l'Homo Videns crede solo a ciò che attrae il suo sguardo, così al medicus videns, che ignora che l'imaging senza la clinica non solo è insensato ma addirittura iatrogeno, basta semplicemente fare senza farsi troppe domande (8).

 

Per una medicina più sensata e responsabile

La mcdonaldizzazione del sistema produttivo e la medicalizzazione della vita sostengono fortemente la domanda e quindi il consumo di generi sanitari (9).
A sua volta la trasformazione della cultura letteraria in cultura visuale e il multitasking associato alla videodipendenza allontanano la gente dalla lettura, dallo studio critico e dalla riflessione, contribuendo alla diffusione di una "demenza digitale" sempre più precoce (10).
Così il medicus videns, video e imaging-dipendente, reso sempre più miope dalla micronizzazione del sapere, sembra comportarsi come un automa programmato per la produttività.
Una riflessione seria su queste tematiche e sulla evoluzione di una medicina sempre più oltraggiosa nei confonti delle leggi naturali e pervasiva nella vita di ognuno di noi diventa imperativa per non
farsi travolgere da queste pericolose tendenze.

Bibliografia essenziale

1. Ritzer G. The McDonaldization of society. Los Angeles: Pine Forge Press 2004
2. Alvesson M, Spicer A. The stupidity paradox. London: P Profile Books 2016
3. McGoey L. The logic of strategic ignorance. British Journal of Sociology 2012; 63:533-576
4. Cornaglia Ferraris P, Picano. Malati di spreco. Il paradosso della sanità italiana. Bari: Laterza 2004
5. Carr N. Internet ci rende stupidi? Milano: Raffaello Cortina 2011
6. Harari YN. Sapiens. A brief history of humankind. London: Vintage Books 2014
7. Baumann Z. Modernità liquida. Roma-Bari: Laterza 2002
8. Sartori G. Homo videns. Bari: Laterza 2006
9. Conrad P. The medicalization of the society: on the trasformation of human conditions into treatable disorders. Sociology of Health and Illness 2009, 31:147-148
10. Simone R. La terza fase. Forme di sapere che stiamo perdendo. Bari: Laterza 2006

considerazioni sulla 181

 CONSIDERAZIONI SULLA “181” – proposta di legge n.2233

di Silvana Gasperoni e Guido Pullia

un contributo alla discussione sulla "181"

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dalla 180 alla 181

 

180Era già successo. Dalla 180 alla 181

segui il link

segnalato da Antonello D'Elia. del Direttivo Nazionale di Psichiatria Democratica.

Proposte, propositi e riflessioni intorno all’OPG.

Nei giorni scorsi una delegazione di Psichiatria Democratica ( composta dai dr. S. Di Fede, G. Loffredo, E. Lupo e G. Ortano) è ritornata ancora una volta – ci  siamo augurati l’ultima - nell’OPG di Aversa per incontrare il personale e verificare, insieme, lo stato di attuazione del programma di dismissioni così come previsto per legge nel nostro Paese, nel mentre circola, insistentemente, la voce che ci sarà una nuova proroga del termine stabilito e così di tutto quanto era stato realizzato dalla Commissione Marino, non resterà che un ricordo sempre più sfocato.

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Morire per strada e nelle carceri

 

La Repubblica (ed. Napoli, pag. VIII) , martedì 3 dicembre 2013-12-03

Emilio Lupo, Segretario Nazionale di Psichiatria Democratica

Salvatore di Fede, Resp. Naz. Organizzazione di Psichiatria Democratica

Dobbiamo scrivere.

Vogliamo scrivere.

Per Samuel e Federico.

Contro tutte le ingiustizie cui assistiamo, quasi sempre da spettatori stanchi, con la barba incolta e lo sguardo perso. Annoiati.

Dobbiamo scrivere e vogliamo farlo pur essendo ben coscienti di rasentare la ritualità. Una tragica ripetitività che si perde via via in analisi melliflua della cronaca  e che, raramente, diventa concreto riscatto, messa in campo di risorse. Risposta.

Da soli… Uno in strada, l’altro in carcere.

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Rifiutiamoci! di Alex Zanotelli

La Campania è una terra avvelenata e violentata. Perché la gente sta reagendo? Va ricordato che a partire dai primi anni '90 - quando l'Italia non ha più potuto esportare e seppellire i propri rifiuti tossici in Somalia (a causa della caduta del regime di Siad Barre, con il quale intratteneva fruttuosi rapporti) - è stato deciso che l'industria del centro-nord poteva smaltire materiali tossici in Campania.
Interessate soprattutto tre aree. Il cosiddetto "triangolo della morte", cioè la zona di Nola, Acerra e Marigliano, dove appunto molte persone stanno morendo di tumore a causa dei rifiuti. Il secondo è l'agro Aversano, in provincia di Caserta dove sono stati sversati anche i rifiuti tossici di Marghera. Ciò è avvenuto in virtù di un "contratto" siglato tra industria del nord e camorra. Nella partita c'è anche l'industria campana.
La terza area è la "terra dei fuochi", al nord di Napoli. Un territorio che comprende Giugliano, Villaricca, Frattamaggiore fino a Casal di Principe e oltre. Qui si è continuato a bruciare di tutto con quello che ne consegue per la salute pubblica. E qui, a Giugliano, si vuole costruire un inceneritore da 480 milioni di euro. Siamo al paradosso.
I commissari straordinari che si sono occupati della questione dei rifiuti nella regione hanno fatto la scelta degli inceneritori e delle megadiscariche. Per costruire quello di Acerra ci sono voluti otto anni. Nel frattempo hanno impacchettato i rifiuti, 8 milioni di tonnellate di "eco-balle" (così definite per spacciarle come ecologiche), e li hanno stivati in un'area fuori Giugliano. Con un costo di almeno 2 miliardi di euro. Il movimento che si occupa dei rifiuti si è opposto a questo scempio, ma non c'è stato nulla da fare. E adesso salta fuori che il governo vuole costruire un inceneritore a Giugliano per smaltire le eco-balle.
Da qui nasce la rabbia della gente contro fuochi e sversamenti: manifestazioni, incontri e appelli. Un punto di riferimento è don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, che ha dato una grossa mano per far partire questo movimento popolare che vede anche la partecipazione di parrocchie e comunità cristiane. Manifestazioni si sono tenute l'11 settembre a Giugliano: mi ha impressionato vedere mobilitarsi una "città-morta" come questa; il 12 settembre a Capua per dire no al biogassificatore (una tecnologia che trae energia dalle biomasse); l'8 di ottobre, con una marcia da Aversa a Giugliano; poi si è manifestato anche a Napoli, per contestare la gara d'appalto per la costruzione dell'inceneritore di Giugliano.
È molto bello sentire la presenza del popolo. Certo c'è il rischio che queste mobilitazioni siano utilizzate da taluni politici per rilanciarsi… Del resto ci sono altri pericoli, soprattutto quello indignarsi senza proporre qualcosa di nuovo, altre vie percorribili.
Il governo vuole bonificare le aree inondate di rifiuti. Ma la camorra potrebbe infiltrarsi anche qui e trarre soldi dalle bonifiche come li ha tratti dallo sversamento dei rifiuti.
Il 16 di novembre c'è un'altra manifestazione a Napoli. Quello che si chiede è il riciclo totale. Il governo Berlusconi ha puntato su 4 inceneritori e 12 megadiscariche per la Campania. Noi puntiamo sul riciclo come unica maniera per evitare che la Campania si avveleni ulteriormente. Come missionario, credo nel Dio della vita e sento che Lui mi porta all'impegno concreto in difesa della vita e della Madre Terra che non sopporta più l'"homo demens".

Al Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi

Finalmente la Toscana ha uno scatto di orgoglio degno del suo glorioso passato di primo governo ad avere abolito la pena di morte e del suo protagonismo nelle lotte anti-manicomiali degli anni’70.

Non si può che plaudire alla proposta del Presidente Rossi in risposta all’appello del Presidente Napolitano sulla situazione carceraria di attivare, in tempi brevi, alternative alla detenzione contribuendo concretamente alla soluzione del sovraffollamento.

Ma c’è un altro appello del Presidente della Repubblica che attende una risposta: quello sull’ “orrore degli ospedali psichiatrici giudiziari” per la cui chiusura è stata approvata una legge nel febbraio 2012 che ha già subito una proroga nella sua scadenza per la chiusura e si avvia, con buona pace di tutti, ad un ulteriore rinvio; l’urgenza di dare una risposta di civiltà agli internati in opg deriva anche dal fatto che per loro, al contrario che per i detenuti comuni, non ci saranno né indulti né amnistie (ammesso che vengano fatti).

Anche la Toscana ha un problema “Ospedale Psichiatrico Giudiziario”, anzi due: quello di coordinare, in quanto sede di Istituto, le Regioni del bacino che fanno capo a Montelupo nei loro programmi di dimissione e quello di dimettere, chiudendo definitivamente Montelupo, i cittadini toscani malati di mente e autori di reato restituendo loro il diritto alla cura.

Gli attuali internati toscani sono circa 40 e vivono, nonostante qualche miglioria ambientale e l’impegno del personale, in ambienti in condizioni di degrado ancora molto simili a quelle denunciate dalla Commissione Marino (e che portarono al sequestro di alcuni padiglioni) e in un “clima” in cui gli aspetti carcerari continuano a prevalere su quelli per la cura.

E’ vero che la Regione ha presentato nel settembre scorso un piano per il superamento di Montelupo ma si tratta di un progetto che nuovamente punta tutto sulla istituzione di nuovi posti letto o sul potenziamento di quelli esistenti – per un totale di 72 posti letto a fronte di una presenza, come detto di circa 40 internati – e che, senza volere entrare nel dettaglio di altri aspetti criticabili del progetto, prevede di creare ex novo queste strutture per le quali, compresa quella di S.Miniato strategica per tutto il progetto, non esiste nulla (identificazione e localizzazione della struttura nel territorio, progetto edilizio esecutivo, ipotesi di gestione, ecc.) se non la richiesta di finanziamento avanzata al Ministero della Salute.

E’ evidente che si tratta di un percorso lungo ed incerto mentre gli internati di Montelupo, come gli altri detenuti di cui la Regione tramite suo vuole farsi carico, richiedono risposte immediate e concrete.

Allora  occorre affrontare la chiusura di Montelupo, almeno per quanto riguarda gli internati toscani, con lo stesso spirito che informa la sua proposta per la scarcerazione  di 300 detenuti tossicodipendenti.

Nel caso di Montelupo i numeri sono molto inferiori, inoltre esiste già un finanziamento per la dimissione di 20 internati che una volta avvenuta ridurrebbe ad una ventina il numero di soggetti di cui i dipartimenti di salute mentale dovrebbero farsi carico.

Non possiamo credere che Dipartimenti di Salute Mentale che trattano annualmente oltre 50000 pazienti e ne ha in carico quasi trentamila, in una Regione che dispone di oltre 400 posti letto psichiatrici in strutture residenziali, non riescano a trovare una risposta a 40 internati che sono, innanzitutto e come prevede la legge, cittadini bisognosi di cure!

La Regione attivi quindi per la chiusura di Montelupo e la presa in carico nel territorio degli internati toscani una task force chiamando a parteciparvi, oltre alla Regione e ai Dipartimenti di Salute Mentale, la Magistratura, il PRAP, le Aziende USL, le associazioni e il terzo settore; si abbandonino progetti di nuova istituzionalizzazione della sofferenza mentale e si faccia tesoro delle esperienze virtuose già realizzate in diverse realtà toscane di presa in carico territoriale.

Coraggio Presidente, completi la sua proposta in favore dei detenuti tossicodipendenti, facendosi carico anche degli internati in OPG e la Toscana, col suo glorioso passato, tornerà ad essere un punto di riferimento per la civiltà dei diritti!

Arezzo, 29.10.2013

                                                           Cesare Bondioli – Psichiatria Democratica Toscana

Morti di Lampedusa una tragedia collettiva.

STaino Lampedusa

La forza di Basaglia si chiama libertà


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ALBERGO dei poveri progetto insabbiato

ALBERGO dei poveri progetto insabbiato

la Repubblica 18 luglio 2013  (ediz. Napoli pagina 1 e IX)

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Emilio LUPO – Segretario Nazionale di Psichiatria Democratica

Salvatore DI FEDE – Resp. Organizzazione Naz. di Psichiatria Democratica

Facendo un po’ i conti, sono oltre una dozzina di anni che rincorriamo le Istituzioni affinchè la città di Napoli si attrezzi – anche alla “maniera europea” – per dare risposte ai sempre più numerosi cittadini senza fissa dimora (sfd).

Sono cresciuti con gli anni!

Dicevamo alla “maniera europea”, perché ormai tutto si misura, calibra, definisce in questa dimensione, anche se, poi, tutto resta ancorato a questa dimensione del possibile, mai del realizzato. A dire la verità potremmo anche risparmiarci questa traversata nel vecchio continente perché altrove, ovvero in altre parti dello stivale, qualcosa di più si è fatto o si sta facendo.

Noi, per dirla tutta, ci abbiamo provato con tutti gli Assessori e, quindi, con tutte le Giunte sin da quando come gruppo di Associazioni, allora denominato “Laboratorio per le città sociali” offrimmo - era il 2001 - agli Amministratori (gratuitamente, sia ben chiaro) con un opuscolo più che gradevole anche dal punto di vista grafico, un dettagliato progetto sul cui frontespizio si poteva leggere: “… attivare risorse multiple ed articolate a favore dei cittadini senza fissa dimora secondo i bisogni e nel rispetto delle individualità”.

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PSICHIATRIA DEMOCRATICA E UNASAM CONTRARI ALLA 181

Dichiarazioni di Emilio Lupo tratte da L'Unità del 14 maggio 2013

 

TUTTI PAZZI PER LA 181

di Cristiana Pulcinelli (pagina 17)

............... Ma c'è chi questa proposta non la condivide. Per Emilio Lupo, Segretario di Psichiatria Democratica,"esiste la legge quadro ed esistono i progetti obiettivo regionali. Nella lege c'è già la centralità dei servizi teritoriali, c'è il nuovo protagonismo di utenti e familiari,c'è la centralità dell'abitare e del lavoro, il resto può essere inserito nei regolamenti aziendali o nei progeti obiettivo regionmali. Il problema oggi è un altro:il depauperamento delle risorse dei dipartimenti di salute mentale.Oggi non c'è turnover, le risorse per l'abitare e il lavoro sono sempre meno. Il che vuol dire che si può aprire una deriva veso una neoistituzionalizzazione. Oggi c'è da difendere la centralità del servizio pubblico,partendo dalla linea di demarcazione della 180".

 

Antefatto:

L'associazione "Le parole ritrovate" lancia un'iniziativa popolare cui è stato dato il nome di "181": un testo di legge presentato come "fuori dagli schemi", in cui "speranza e fiducia sono le parole-chiave". I proponenti: "Bisogna far partecipare utenti e familiari ai servizi di salute mentale e garantire buone cure in tutta Italia". E sono pronti a raccogliere 50mila firme con lo slogan "Tutti pazzi per la 181" . Per saperne di più

 

Ed inoltre

Secondo il presidente Luigi Attenasio "non c'è bisogno di una nuova legge" e la proposta di superare la 180 è "inutile": occorre invece applicare la normativa vigente perché laddove ciò è stato fatto essa ha funzionato. Il vero problema? "I servizi desertificati"

ROMA - La proposta di legge 181? "Noi riteniamo che sia inutile e potenzialmente dannosa". A parlare è Luigi Attenasio, psichiatra e presidente dal 2010 di Psichiatria democratica. Non c'è bisogno di una nuova legge, ma di applicare quelle vigenti: dove la legge 180 è stata applicata, ha funzionato".

I promotori della "181" sostengono che sia arrivato il momento di andare oltre, di colmare ciò che la 180 ha lasciato di incompiuto, cioè il "chi fa che cosa dove e quando".

La 180 è la cornice. Dice cose semplicissime ma sostanziali. Sul terreno delicato del trattamento sanitario obbligatorio, ad esempio, si sanciscono una serie di garanzie a tutela della inviolabilità della persona: deve avvenire su proposta di un medico, con la convalida di un medico di struttura pubblica, con la convalida del sindaco, carica eletta e responsabile sanità, e poi c'è la figura del giudice tutelare. Non si parla più di autorità giudiziaria, come era dal 1904, così come non si parla di "pericolosità", si "decolpevolizza" il paziente. Due Progetti-obiettivo hanno dato concretezza e gambe a quei principi. Lì è detto come devono essere i dipartimenti, i centri diurni e le comunità, si ribadisce il primato dei territori. E più di 220 dipartimenti di salute mentale sono nati in Italia a seguito di questi testi, che in questo sono stati evidentemente rispettati. Ma il vero problema è un altro.

Qual è il vero problema?
Il vero problema è che i nostri servizi sono desertificati. Ho bisogno di operatori qualificati, mentre per effetto della spending review, dei tagli e della crisi economica si sta smantellando un sistema. E' in atto il tentativo di uccidere il welfare state. La nostra missione di aiutare chi è in condizione di sofferenza è messa a dura prova.

La proposta di legge 181 prevede l'utilizzo remunerato, nei dipartimenti, degli utenti e familiari esperti. Come giudica questa proposta?
Noi diciamo no, perché continuerebbe una asimmetria tra operatore qualificato e persone che sarebbero anche sottopagate. Non per svalutare il protagonismo degli utenti e dei loro familiari, anzi: a questo proposito ricordo anche l'esperienza dei "44 matti" al Parlamento europeo, dove abbiamo accompagnato utenti e familiari a portare la propria testimonianza. Ma ad ognuno il suo ruolo. Tutto è importante, fuori dai manicomi, ma professionalizzare alcuni non crediamo sia una buona strada. Se l'esperienza di Trento (di cui i promotori della legge sono portatori, ndr) funziona, bene. Ma a farla diventare modello tramite legge dello Stato diciamo no. Peraltro ci sono tante esperienze altrettanto positive.

Oggi pomeriggio, a 35 anni dalla legge 180, Psichiatria democratica organizza una iniziativa su "La 180 e la medicalizzazione della vita": si parla di scienza, soggettività, diritti e legami sociali.
Per noi il 13 maggio è il giorno della liberazione dal giogo manicomiale. La legge 180 ha in sé valori di democrazia, diritti e legami sociali. Per questo metterla in discussione è come se si volesse mettere in discussione la Costituzione. Noi come Psichiatria democratica e i tanti altri soggetti che oggi con noi organizzano questa iniziativa (da Cittadinanzattiva all'Unasam a Progetto Diritti onlus solo per citarne alcune, ndr), siamo usciti fuori dal recinto della psichiatria. Parliamo di salute mentale e di come costruirla, e questo è un problema di tutti, una questione di valori e di civiltà. (ep)

(13 maggio 2013)

 

 

 

Dichiarazioni di Lupo e Bondioli sugli Ospedali Psichiatrici Giudiziari: commissariamento per le regioni inadempienti e penalizzazione economica del fondo sanitario.

In relazione alla imminente conversione in legge del decreto di proroga della chiusura degli opg, dal 31.3.2013 al 1.4.2014, Psichiatria Democratica , attraverso il  Segretario Nazionale Emilio LUPO e il responsabile Naz. Carceri e OPG Cesare BONDIOLI, ribadisce quanto ripetutamente affermato nel corso del dibattito in questi anni.

Pur essendo sempre stata Psichiatria Democratica sempre contraria, in linea di principio, a qualunque proroga, riteniamo che il decreto di proroga risulterebbe gravemente depotenziato se, oltre a prevedere il commissariamento per le Regioni inadempienti, non prevedesse anche una loro penalizzazione in termini di trasferimento del Fondo sanitario. Ci sostiene in questa nostra posizione l’esperienza a suo tempo vissuta per la chiusura dei manicomi dopo la 180/78: di anno in anno la reale chiusura è slittata, nell’indifferenza generale, in primis delle Regioni, fino a che la Finanziaria del 1996 non previde una penalizzazione  delle Regioni e Asl inadempienti sulla chiusura dei manicomi, del 2,5%  oltre ad un loro commissariamento. Questo provvedimento fece sì che anche i “ritardatari” si attivassero per la chiusura dei manicomi che avvenne entro il 2009 con la loro completa dimissione.

La vicenda degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari è per molti aspetti analoga, complicata dal fatto che su ognuno di essi insistono diverse Regioni anche se quella dove è ubicato l’opg funge da capofila per coordinare i progetti di dimissione, per cui riteniamo indispensabile rafforzare la cogenza dei termini per la chiusura con provvedimenti che investano direttamente e pesantemente gli inadempienti (nel nostro caso la regione capofila ma anche le altre del bacino).

Psichiatria Democratica chiede pertanto che in sede di conversione il Decreto venga emendato, ribadendo:

-          Il ricorso al commissariamento delle Regione e della Aziende ASL, non rispettose dei termini per la chiusura degli opg con restituzione degli internati ai loro territori attraverso i Dipartimenti di Salute Mentale che ne cureranno la dimissione, con programmi terapeutici individualizzati, così come andiamo ribadendo da tempo;

-          Che il suddetto provvedimento sia accompagnato da una penalizzazione delle Regioni inadempienti nei trasferimenti del Fondo sanitario nella misura del 2,5%.

L’esclusione Da Trieste a Trastevere. Su una biografia di Franco Basaglia.

di Antonello D’Elia

                                               (per Lo straniero – Ottobre 2012)

 

Da qualche mese in una piazza di Trastevere sono comparse le cancellate. Alte, grigie e acuminate circondano un parco giochi che fino a qualche tempo fa era abbandonato per l'incuria delle amministrazioni e la colpevole approssimazione con cui era stato realizzato solo pochi anni prima. Il nuovo recinto metallico ora separa dal resto della piazza lo spazio in cui giocano i bambini sotto gli occhi di mamme, papà, nonni e baby sitter e delimita inequivocabilmente un dentro e un fuori. A decidere su questo piccolo intervento di 'arredo' urbano è stato un comitato di cittadini, creatosi intorno alla locale sezione del più importante partito d'opposizione del passato governo che, dopo mesi di riunioni e consultazioni, ha identificato questa soluzione al problema della sosta dei barboni che da tempo abitano la piazza. Al lato di uno degli accessi è stata affissa una seriosa targa in ottone su cui una scritta compassionevole dedica questo parco al piccolo Claudio, un bambino che ha terminato la sua breve esistenza volando giù in acqua dal parapetto di un vicino ponte sul Tevere, scagliatovi dal giovane padre che in quel gesto assurdo ha portato a compimento la vita del figlio, quella sua e una storia turbolenta e irrisolta di figlio della periferia romana.

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Incontro-Dibattito


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Cesare Bondioli: perchè la SIP sbaglia di grosso sugli OPG.

La posizione della Società Italiana  di Psichiatria (SIP)
non mi stupisce perché l'associazione degli psichiatri italiani non è stata
particolarmente presente in questi anni sul tema della chiusura degli opg:
bisogna considerare che il problema si è
posto fin dall'aprile 2008 con l'approvazione del DPCM che prevedeva il
"graduale superamento degli OPG" e la legge del febbraio 2012 è solo
l'ultimo atto di questo percorso. Nel frattempo ci sono state le ispezioni
della commissione sull'efficienza e l'efficacia del SSN presieduta dal Sen.
Marino, il suo filmato sconvolgente, le dichiarazioni sdegnate del
Presidente della Repubblica, ecc. senza che la SIP si esprimesse in maniera
così netta come nell'ultimo comunicato. E' vero che anche dopo l'emanazione
della Legge che fissa i termini tassativi per la chiusura degli opg ci sono
stati altri ritardi da parte degli organi ministeriali nell'emanazione degli
atti di attuazione della legge.

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