omaggio a Sergio Zavoli

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OMAGGIO A SERGIO ZAVOLI

zavoliUn anno fa, circa, sono andato a trovare Zavoli nella sua casa di Bracciano. Desideravo discutere con lui il libro che, insieme con Domenico Casagrande e Paolo Serra, stavo scrivendo sull’esperienza dell’Ospedale Psichiatrico di Gorizia, coraggiosamente aperto da Franco Basaglia negli anni ’60. Mi accompagnavano, per l’appunto Paolo Serra e Massimo Salvucci, che stava curando la promozione dell’iniziativa.

Zavoli, come appare in questo libro, pubblicato dall’editore Armando Armando con il titolo “Mi raccomando: non sia troppo basagliano”, aveva svolto un ruolo importante nel promuovere quell’esperienza. Il suo servizio giornalistico su TV7, intitolato “I giardini di Abele”, aveva fatto conoscere al grande pubblico quell’esperienza innovatrice ed era stato un grande successo di auditing.

In quel giorno di agosto volevamo rendere omaggio al giornalista, scrittore, uomo politico, ma volevamo conoscere anche la sua opinione sul libro e avviare una riflessione critica su quel lontano passato e sul nostro presente così complesso. Zavoli ci aveva accolto con grande cordialità e il colloquio aveva assunto toni di grande intensità. Il suo ricordo di Franco e Franca Ongaro Basaglia era improntato a una grande riconoscenza e amicizia. Zavoli poneva l’accento sul valore e sull’attualità dell’esperienza goriziana e descriveva il suo costante impegno sui temi della salute mentale. Un impegno che era continuato nel sostenere l’iniziativa della senatrice Basaglia in Parlamento: Franca Ongaro Basaglia era riuscita, infatti, a promuovere il primo Progetto Obiettivo Salute Mentale, che colmava, con ritardo, le omissioni della legge di Riforma della Psichiatria.

Quell’incontro di agosto era diventato, alla fine, un’intervista che avrei inserito nel libro, con l’approvazione dello stesso Zavoli: una delle sue ultime interviste, se non, forse, l’ultima.

Zavoli si era mostrato estremamente lucido, soddisfatto per poter riflettere su quegli eventi così importanti della sua storia personale. Aveva, poi, sottolineato la sua disponibilità ad accompagnare il “lancio” del libro.

Il tempo passava, ma era diventato difficile per noi e anche per lui, come aveva dichiarato, dover interrompere quell’incontro. Solo a sera inoltrata c’eravamo lasciati, ripromettendoci altri incontri e scambi d’idee.

Ernesto Venturini