un ricordo di Fabrizio Ciappi

  • Stampa
Share

Un grande lutto: è’ scomparso ieri Fabrizio CIAPPI tra i fondatori di Psichiatria Democratica in Umbria.

 

Fabrizio Ciappi: un protagonista della riforma psichiatrica.

di Cesare Bondioli

Fabrizio CiappiE’ scomparso ieri Fabrizio Ciappi, psichiatra, uno dei protagonisti della riforma psichiatrica precedente e successiva alla Legge 180 e compagno di strada, per lunghi anni, di Psichiatria Democratica.

Fabrizio, dopo una breve, significativa, esperienza all’O.P. di Arezzo dove da poco era giunto come Direttore Agostino Pirella, era rientrato a Perugia nella cui Provincia si è poi declinata la sua attività come Direttore del Centro di Igiene Mentale di Città di Castello che sotto la sua conduzione era diventato un punto di riferimento della riforma anche a livello nazionale e come direttore del D.S.M della USL 1 della Regione Umbria.

In questa diuturna attività ha contribuito, avendo la capacità di coniugare lavoro pratico e riflessione teorica, ad elaborare il movimento antimanicomiale umbro a fianco di Ferruccio Giacanelli, Carlo Manuali, Tullio Seppilli: su questa epoca del movimento si vedano i Quaderni della Fondazione Angelo Celli “Per una storia della riforma psichiatrica in Umbria”.

Del suo impegno costante per l’attuazione pratica della riforma rimane testimonianza nel volume di cui è stato coautore insieme a Bruno Benigni, Giuseppe Germano e Paolo Martini “Il nuovo servizio psichiatrico” (NIS, 1980) che è diventato da subito un testo di riferimento.

Della Riforma, Fabrizio è stato un precursore, specie per quanto attiene al rapporto col “territorio” declinato nell’esperienza perugina in particolare attraverso un rapporto privilegiato tra servizi, amministratori locali e popolazione.

Su questo aspetto già nel 1973 poteva relazionare riferendo di una Assemblea del CIM di Città di Castello tra operatori psichiatrici, utenti, consiglieri provinciali e comunali, direttori didattici. In questa relazione, riportata nel volume “Autobiografia di un movimento 1961-1979” (UPI-Regione Toscana-A. Provinciale di Arezzo, 1979)”, Fabrizio così descriveva il suo approccio antropologico, oltre che tecnico, alla sofferenza mentale: “…come è possibile in un ambiente per quanto bello e funzionale esso sia, ma distaccato e quindi astratto rispetto alla realtà degli assistiti, ricostruire tutti gli infiniti processi a cui hanno partecipato infiniti protagonisti, che hanno avuto come risultato la malattia?... Se però il malato di mente continua ad essere un uomo…bisogna strapparlo a qualsiasi forma di oggettivazione ed impegnarsi con lui perché possa continuare ad usufruire della propria realtà e perché gli altri protagonisti (familiari, vicini, compagni di scuola e colleghi di lavoro, amici, ecc.) si impegnino insieme a noi a garantire e mantenere questa continuità umana. Noi non sappiamo se questa è ancora terapia oppure se è superamento. Però sappiamo con certezza che è premessa indispensabile e che è anche realizzabile…operazioni diverse da questa si traducono immediatamente (ed il manicomio ne è la conferma brutale) in una serie di atti di violenza che non hanno altra funzione se non quella di aggiungersi alle originarie difficoltà di vita”.

In questa epoca di tecniche psichiatriche sempre più invadenti ci manca e ci mancherà questa antropologia e lucidità di Fabrizio Ciappi che in un altro suo intervento, scritto nel 1982 insieme a Vieri Marzi e Paolo Tranchina (altri compagni di cui sempre acutamente sentiamo la mancanza), citando Peter Weiss - “stiamo vivendo nell’ideologia del tramonto delle ideologie che darà il potere in mano ai militari” - concludeva: non a caso si sta sviluppando la controffensiva delle tecniche.

Arezzo 21 novembre 2019