Un soggiorno a Procida

Un soggiorncorricella21o a Procida

Alici,alici, mò lascio l’alici e me ne vaco a faticà!*

di Bruno Romano**

Dalla Sanità a Procida

Ok, si parte. Il gruppo è formato da sei utenti e due operatori. Andiamo in un campeggio, prendiamo in fitto due bungalow alcamping "Punta Serra", il più antico dell'isola di Procida, che sorge in una natura incontaminata, nell'omonima località Punta Serra dalla quale prende il nome.


Punta Serraè un costone di roccia tufaceo che si estende in mare per circa 200/300 metri e separa la Baia del Pozzo Vecchio dalla baia di Ciraccio e Ciracciello.
Il campeggio dista 200 metri dalla spiaggia del Pozzo Vecchio, da qualche anno denominata la spiaggia de "Il Postino", luogo magico dove l'attore Massimo Troisi ha girato il suo ultimo film; esso si trova 700/800 metri dal centro geografico e commerciale del paese. Antistante il cancello d'ingresso è posizionata la fermata dell'autobus, linea C1, una circolare che parte dal porto di Marina Grande, attraversa il paese e ritorna al porto.
Il campeggio è popolato da alberi di alto fusto (quercie, acacie, eucaliptus), dispone dipiazzolesu cui è possibile collocare camper, tende o roulotte e dispone di bungalow (casette prefabbricate) da 4/6 posti letto, con ambienti separati e antistanti terrazzini coperti dotati di sedie, tavolo e sdraio, piccolo angolo cottura e servizio igienico autonomo con doccia.
Ilcampeggio dispone inoltre di un bellissimo belvedere che affaccia direttamente sul mare, dal quale si può vedere:Ciraccio, Ciracciello, la Chiaiolella, l'isolotto di Vivara e la vicinaisola d'Ischiache quasi la si tocca con mano. Dal Belvedere, vista la posizione geografica sulla quale si trova (lato di ponente), sull'imbrunire è possibile ammirare un incantevole tramonto.
C’è anche un attrezzatobarad uso esclusivo dei suoi ospiti, con spazio antistante, fornito di ombrelloni, tavolini e sedie.

Perché abbiamo scelto di andare in un campeggio? e perché abbiamo scelto Punta Serra? La voglia di fare un’esperienza “comunitaria”, condividere spazi, partecipare alla costruzione della giornata, fare nuovi incontri, mangiare, dormire, cucinare insieme in un luogo accogliente, ideale per vivere un soggiorno diverso da situazioni di tipo “alberghiero” oppure dal “tutti insieme, noi della salute mentale” pratica diffusa che vuole inglobare più centri diurni, inoltre tale soggiorno, vuole essere un riconoscimento ai protagonisti che hanno partecipato al progetto “Matti per la birra” i cui proventi hanno permesso di autofinanziare il soggiorno, così come è nello spirito del gruppo di lavoro che, per scelta, non ha mai utilizzato fondi pubblici per tali iniziative.

Sveglia alle 9,00, colazione insieme alle 9,30.Organizzazione della giornata, oggi panini e stasera cena, chi cucina, chi fa la spesa, chi provvede al riassetto del bungalow, ci dividiamo i compiti.

Stasera andiamo a cena alla Coricella? Certo. Contorni di mare e uno spaghetto “psichedelico” alici e limone, così buono da diventare il refrain dell’estate, così come “L’estate di John Wayne” canzone tormentone dell’estate 2016. Ci fa visita un piccolo gruppo di amici che vengono da Napoli, dal Lido Pola, centro autogestito restituito alla città e al quartiere di Bagnoli con il quale abbiamo organizzato diverse iniziative a favore del Centro Diurno e a sostegno del progetto “Matti per la birra”, Sara, Fiorella e Kevin, quest’ultimo è venuto provvisto di tammorra e castagnette, insieme ad Enzo, operatore e musicista, la sera del 30 agosto, dopo aver cenato insieme ai nostri amici si balla e si canta. Tutti insieme, anche gli ospiti del Punta Serra. Il clima è quello giusto. A pensare che tre utenti su sei vengono dall’attività relativa agli interventi domiciliari rivolti ad utenti con difficoltà ad uscire da casa, quasi in un ritiro sociale, la costanza, la gradualità, il lavoro in equipe svolto con le famiglie ripaga. Tutti.

Qualche souvenir, qualche regalo ai familiari e la famosa “lingua di bue” con crema pasticcera o con crema di limone saluta l’isola di Procida, speriamo di rivederci.

Ci sembra utile una riflessione: come l’istituzione viene ad essere rappresentata nella mente dell’ utente? quali sono gli aspetti che egli coglie affettivamente? In relazione al tipo di investimento affettivo che il paziente realizza nei confronti dell’istituzione, quest’ultima può funzionare come rinforzo e sostegno o come minaccia e ostacolo a una determinata esperienza di gruppo, che si svolge al suo interno. La mediazione, (che troppo spesso sia l’istituzione, sia il privato sociale non riesce a realizzare) e i suoi oggetti si situano all'incontro tra realtà esterna e mondo psichico interno dell’ utente. Il valore degli operatori ponte non dipende tanto dalla loro semplice esistenza, quanto dalla modalità operativa. La possibilità mediativain questi gruppi non è legata alla presenza o meno di oggetti diversi e vari o di tecniche più o meno sofisticate o rigide, bensì alla utilizzazione che può esserne fatta, a partire da quella qualità specifica che è la flessibilità, strumento che permette la creatività, l’innovazione e la rottura di schemi precostituiti. L’operatore serve da interprete, da trasformatore, da trasmettitore, da simbolizzatore tra realtà psichica e realtà esterna, tra attività terapeutico riabilitative e clima affettivo. Come recuperare una visione dell’utente come fonte attiva di messaggi affettivi e di stimolo, come riconoscergli il carattere di responsabile della propria comunicazione e della propria esistenza? Il clima affettivo che si instaura nella relazione tra utente e operatore è il principale fattore terapeutico che consente all’utente di investire proprie “risorse psichiche” per cercare di ricostruire un adeguato rapporto con la realtà, attenuando il ricorso a meccanismi di difesa patologici e comportamenti disfunzionali. Per quanto riguarda la dimensione della “relazione in gruppo”, un clima affettivo adeguato consente all’utente di sviluppare una qualità dei legami interpersonali che mobilizza emozioni, identificazioni e processi associativi. In questo senso assume importanza il ruolo e la funzione dell’equipe di lavoro nella gestione dell'attività terapeutica riabilitativa. Il clima terapeutico è un qualcosa che spesso sfugge ad una concettualizzazione tecnica se lo si considera svincolato dalla dimensione relazionale presente nel gruppo, nella quale anche tutta l’equipe è coinvolta. Il fattore, per così dire tecnico, può essere compreso solo nel contesto relazionale in cui viene applicato. Il clima affettivo e il processo terapeutico sono l'esito di una serie di aspetti insiti nella struttura della relazione interpersonale. Si tratta quindi di guardare agli elementi, sentimenti, pensieri e comportamenti che caratterizzano la relazione. La capacità di gestire le emozioni percepite nei confronti dell’utente; il proprio modo di partecipare alla relazione; gli interventi tecnici e il rapporto su come li utilizza. Questa consapevolezza richiede all'operatore la capacità di non essere continuamente attivo nella relazione con l’utente, ma anche di mettersi nella posizione di imparare, di contribuire alla nascita del sé creativo dell’altro. Aiutare gli utenti a esprimere in parole le loro emozioni vuol dire anche offrire una possibilità di condivisione e di costruzione di una propria storia personale. E’ importante che l’operatore eviti di formulare interpretazioni ma fornisca sostegno ai processi espressivi, elaborativi di confronto e riflessione. La sospensione del giudizio serve a stabilire delle connessioni all’interno delle comunicazioni dell’utente. E’ fondamentale cioè che ci si disponga verso l’utente con l’intento di cucire insieme le idee, gli affetti, i personaggi, passati e presenti, che emergono dal suo racconto. L’empatia potrebbe essere definita come la capacità di cogliere lo stato affettivo globale dell’altro, di intuire i sentimenti che vive l’altra persona. E’ fondamentale che ciascun operatoreriesca a condividere con gli altri colleghi impressioni e sensazioni riguardo ad un utente o ad una vicenda particolare che lo riguarda contrastando la rigidità, l'unilateralità, la fissità delle psicosi e cercando di creare connessioni e ponti tra funzioni diverse. Il valore del percorso di cura è dato dalla condivisione di esperienze emozionali e umane rese possibili grazie alla cultura specifica che il gruppo ha coltivato, fino a diventare patrimonio condiviso che resterà come ricordo così da poterne fare riferimento per l'accesso ad esperienze nuove, come viatico al cambiamento.

Gli utenti cercheranno il benessere e la salute; i familiari potranno essere sollevati dal gravoso carico che comporta assistere un congiunto che soffre di un grave disturbo psichico; i clinici la remissione dei sintomi e dei disturbi; i dirigenti e gli amministratori delle aziende sanitarie e del privato sociale rivolgeranno la loro attenzione all'efficacia e al contenimento della spesa e dei costi; la società e l’opinione pubblica nell’ essere rassicurata e l’operatore ponte potrà finalmente levare il grido: *“Alici,alici, mò lascio l’alici e me ne vaco a faticà!”

 

* “Alici, alici, adesso non venderò più le alici e sarò costretto alla fatica!”

Questo è il grido di Peppino,di cui io sono affezionato amico e cliente, pescivendolo di Pozzuoli che, felice del lavoro che svolge considera lo stesso una cosa bella e che è un lavoro e non una fatica!”

L'Autore è Tecnico della Riabilitazione psichiatrica e psicosociale- Napoli

Nota: Il Centro Diurno (CDR) “Lavori in Corso” diretto dalla Dott.ssa Marina Rossano è una delle articolazioni della Unità Operativa di Salute Mentale della ASL Na1 Ds 29, la U.O.S.M. diretta per lunghi anni dall’attuale Segretario di Psichiatria Democratica, Dott. Emilio Lupo ,dal quale il nostro gruppo ha ereditato il rigore, la passione e l’impegno per lo sviluppo di una Salute Mentale di comunità, è allocato nello storico Rione Sanità, nel centro storico di Napoli. Il CDR insiste su di un territorio vasto e densamente abitato ed il nome “Lavori in Corso” nasce dall’idea di considerarlo come un cantiere in un continuo divenire, in cui ogni elemento è legato al precedente e al successivo, in un movimento circolare dal dentro al fuori. Protagonisti attivi di questo cantiere sono gli utenti che frequentano il C.D.R. e l’equipe di lavoro formata da operatori della Riabilitazione Psichiatrica della Cooperativa Sociale ERA, il gruppo, nel suo insieme considera il C.D.R. come luogo di attraversamento al fine di ridurre la dipendenza dall’istituzione e la disparità nelle relazioni, uno spazio in cui offrire opportunità di scambio, di movimento, di socializzazione e di ri-attivazione di risorse personali nell’ottica di un esperienza di cambiamento. Quella che raccontiamo oggi, è la breve cronaca di un soggiorno, sull’isola di Procida, cui hanno partecipato sei utenti e due operatori