Manifesto per la Salute Mentale

BOZZA-MANIFESTO

COMITATO per la SALUTE MENTALE in PIEMONTE

Siamo un comitato spontaneo a cui aderiscono cittadini e organizzazioni diverse, che condividono alcune posizioni sulla salute mentale e intendono sostenerle presso l’opinione pubblica e le istituzioni. Il comitato non si identifica con singoli interessi di parte, ma raccoglie l’adesione trasversale di diversi soggetti sociali: associazioni di volontariato, utenti, familiari, operatori pubblici e privati, organizzazioni professionali, sindacati.
Il nostro obiettivo è rompere il silenzio: a fronte di una necessità di riordino dei servizi, da tutti riconosciuta, nella società piemontese ha finora dominato una sconcertante assenza di riflessione e pubblico dibattito; noi vogliamo promuovere iniziative per una cultura della salute mentale nei servizi e nella popolazione, improntata a pochi principi fondamentali:
  • al centro dei percorsi di cura deve stare la persona e il cittadino e non la malattia;
  • la priorità va data alle persone più gravemente sofferenti e bisognose di sostegno e cure protratte nel tempo;
  • non basta il controllo dei sintomi e dei comportamenti, bisogna garantire la qualità di vita e il diritto di cittadinanza;
  • l’obiettivo primario è l’inclusione sociale, il rifiuto dell’emarginazione e dell’istituzionalizzazione; bisogna potersi curare a casa propria o, quando non è possibile, sul proprio territorio e nel “mondo normale”;
  • i servizi devono essere guidati dai bisogni e dalle preferenze degli utenti e dei loro famigliari;
  • è doverosa una costante riflessione critica sul ricorso alle pratiche coercitive (tso, contenzione meccanica, ecc)
  • le cure non devono essere affidate ad agenzie autoreferenziali; non possono limitarsi alla “collocazione” in contenitori fra loro non integrati ed avulsi dal mondo circostante (i reparti ospedalieri e le case di cura per le fasi acute o subacute, gli ambulatori per i casi lievi, le comunità e gli appartamenti per la cronicità). Al contrario, come prescrive il Piano d’Azioni nazionale per la salute mentale del 2013, devono consistere in percorsi personalizzati e flessibili, ad opera di agenzie fra di loro integrate, con il coinvolgimento costante delle reti sociali esterne, formali e informali;
  • è responsabilità innanzitutto del servizio pubblico garantire continuità e coordinamento dei percorsi, dall’esordio, alle crisi, al trattamento a lungo termine; l’azione dei servizi pubblici deve articolarsi con quella del privato in un rapporto trasparente di partnership e co-progettazione;
  • E’ indispensabile il pieno rispetto dei diritti e della dignità professionale dei lavoratori impegnati in salute mentale, inscindibile dal rispetto dei diritti degli utenti (il lavoro sulla relazione non può prescindere dalla serenità e dal benessere di chi lavora)
In merito a tali principi intendiamo costituire un gruppo di formazione permanente che produca iniziative culturali e stimoli una riflessione costante sulla Salute mentale piemontese.
CI poniamo anche l’obiettivo di ottenere dalla Regione l’istituzione di una Consulta o Osservatorio permanente sulla Salute Mentale, che comprenda tutti gli attori coinvolti, e in primo luogo le associazioni di utenti e familiari, per monitorare la qualità dei servizi, gli esiti dei trattamenti e la soddisfazione di utenti e familiari.

Proposte specifiche sul tema della residenzialità
Consideriamo irrinunciabile:
  • Il pieno riconoscimento del valore terapeutico dell’abitare e di ogni strumento utile a favorire la permanenza dei pazienti sul territorio, evitando inserimenti residenziali emarginanti, senza sbocco e senza progetto
    • una parte significativa degli attuali gruppi appartamento ha un’inequivocabile funzione terapeutico-riabilitativa e deve essere compresa fra le strutture a totale carico del servizio sanitario pubblico
    • in quanto normali abitazioni, tutti i gruppi appartamento, compresi quelli       a totale carattere sanitario,       devono rientrare nella normativa delle civili abitazioni, cioè non essere vincolati né dai criteri strutturali di tipo ospedaliero né dalla normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro.
    • oltre ai gruppi appartamento deve essere riconosciuta la funzione terapeutica dei progetti di domiciliarità, individuali e per piccolo gruppo, degli inserimenti eterofamiliari (Iesa) che il Piano d’Azioni nazionale per la salute mentale considera parte integrante dei “percorsi di cura esigibili”
    • in tale ottica occorre preservare la funzione sanitaria, già prevista dalla DCR 357, degli assegni terapeutici e delle borse lavoro
  • La tutela della funzione terapeutica, non esclusiva ma fondamentale, delle ex comunità protette, non in quanto contesti a se stanti ed autoreferenziali, ma come snodi della rete e componenti integrate dei percorsi di cura.
  • La centralità delle figure professionali sanitarie formate per compiere funzioni terapeutiche; il riconoscimento della equipollenza dei titoli di studio posseduti da educatori, terapisti della riabilitazione psichiatrica e psicologi nello svolgimento di attività terapeutico-riabilitative.
  • La definizione flessibile degli standard minimi di presenza per le diverse figure professionali, nelle strutture e nei progetti territoriali, prevedendo range massimi e minimi anziché minutaggi fissi e la possibilità di scelta di figure diverse in modo funzionale ai progetti personalizzati.
  • Riconoscimento anche della possibile funzione assistenziale delle ex comunità protette, che hanno accumulato esperienza e competenza in tal senso.
  • Definizione di percorsi funzionali ai bisogni specifici della popolazione più anziana e affetta da patologie fisiche
Inviato da Luciano Sorrentino (Torino)