intervento di S. Di Fede

  • Print

 Estratto dall’intervento svolto al Congresso Nazionale, Vico – Equense 4 e 5 aprile 2014 da Salvatore di Fede, Resp. Nazionale dell’ organizzazione di Psichiatria Democratica.

“(…) Ascoltare il bisogno delle persone, non come il sintomo che crea differenza bensì come opportunità  per  una trasformazione collettiva… Da questa necessità rifondativa, insomma, deve imporsi la nostra capacità di mutare il senso - e la sua prassi - dello stare insieme…  


 

 

Scegliere con l’ascolto attivo dell’altro il potere trasformativo della comunicazione del disagio e del dolore, che crea l’altro modo di pensare al nostro essere associati nella civiltà umanizzante che, in risposta, proviamo a costruire di volta in volta contro il prevalere, al contrario, della cupidigia che è nel dominio: per pretendere oltre quel che si possiede, contro la libertà di tutti di ricevere per sé e per le proprie necessità vitali… Gli operatori della salute mentale o costruiscono percorsi di comunità o non sono:  restando muti e rigidi nella propria incapienza esistenziale… Facendosi però, per questa afasia culturale, servi sciocchi del dominio del farmaco e delle sue carceri…

 Un operatore della Salute Mentale o è un operatore sociale, della trasformazione sociale e dell’invenzione creativa o sceglie di essergli, di fatto, contro e dunque farsi nostro nemico: un oppositore ideologico e armato, che ci obbliga a stanarne la natura violenta e il suo irriducibile ostacolo.

La nostra crisi attuale sta tutta qui: il rischio, giunti a questo punto del cammino per l’attuazione della riforma, è che il movimento rifluisca nell’idea che lo scontro è per noi impossibile, noi che ci sentiamo in pochi e dispersi, schiacciati quotidianamente dalle mille cose che occorre fare in assenza degli altri.

 Errore strategico: in questi anni abbiamo costruito non solo percorsi di uscita dalla crisi individuale, abbiamo anche fatto esperienza che in questa ricerca di salute e di felicità era necessario incontrare gli altri soggetti organizzati e che senza di loro quelle soluzioni non sarebbero state possibili.  Le persone, utenti dei Servizi, le loro famiglie, le associazioni, le emergenze sociali affrontate da cittadini organizzati, le esperienze e le opere concrete del nostro accogliere e sostenere persone in difficoltà, le nostre competenze politiche nel difenderne i diritti e per inventare livelli di avanzamento della capacità contrattuale complessiva, pure a partire dal disagio mentale, sono le risorse non solo reggere per lo scontro, ma pure per vincere quelle resistenze al cambiamento.

Davanti a Psichiatria Democratica  c’è ancora una volta la lezione di quel muro da abbattere, un muro che se non “sciarmato” ci rinchiuderà tutti, “designati” e “non designati”, dentro la perdita di senso del nostro lavorare per l’umanizzazione della crisi e per la sua lettura rivoluzionaria  del mondo: dobbiamo, al contrario rimetterci al centro delle nostre vite, che sono anche la passione per il nostro impegno di operatori della salute mentale, e riprenderci il futuro con chi non ha più speranza di averne uno da vivere: la lotta contro tutte le ingiustizie ci guiderà e dovremo essere lì dove esse si perpetreranno, riaffermando la libertà dal bisogno e per la felicità che sono invece diritti di ognuno (…)”.