Riflessioni e proposte dopo la visita all’OPG di Reggio-Emilia.

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COMUNICATO STAMPA

Riflessioni e proposte dopo la visita all’OPG di Reggio-Emilia.

Il 15 novembre i Dr Cesare Bondioli e Raffaele Galluccio, delegati di Psichiatria Democratica, hanno accompagnato il Consigliere Regionale dell’Emilia Romagna Avv. Antonio Mumolo in una visita all’opg di Reggio Emilia, nel corso della quale hanno incontrato sia il Direttore Dr Paolo Madonna che la Responsabile dell’U.O.C. Dr.sa Valeria Calevro, nonché il Direttore del DSM Dr Gaddo Maria Grassi.

La visita, svolta nell’ottica della chiusura dell’istituto, ha permesso di constatare condizioni ambientali sufficientemente decorose sul piano igienico sanitario ma anche il perdurare di alcune criticità oltre all’emergenza di alcune eccellenze.

Per ammissione generale dei nostri interlocutori i tempi previsti dalla legge per la chiusura della struttura non potranno essere rispettati e, per noi, permangono le riserve già più volte espresse su un progetto di chiusura che giudichiamo eccessivamente sovradimensionato e neo-istituzionale. Altri problemi interni evidenziati anche dai nostri ospiti nel corso della visita, costituiscono un oggettivo ostacolo alla realizzazione di un processo di dismissione in cui la prospettiva territoriale, per la quale esiste un finanziamento specifico regionale, prevalga su quella di nuovo internamento.

Ci riferiamo al fatto che su cinque sezioni (tutte della consistenza di 30-35 internati) dell’opg, quattro sono completamente a gestione sanitaria con un clima interno che tende a minimizzare le componenti carcerarie (presenza di personale sanitario, porte delle celle aperte continuativamente durante il giorno con possibilità di socialità per gli internati anche al di là delle attività trattamentali previste, ecc.), mentre la quinta è ancora completamente chiusa ed in questa il clima carcerario è prevalente (blindi chiusi durante il giorno, ecc.) su quello sanitario che invece dovrebbe essere la regola alla luce dell’attuale normativa.

Vero è che questa “anomalia” è ben presente negli operatori, soprattutto nella componente sanitaria, ma si auspica un impegno particolare per superarla.

Un altro problema sottolineato è nel rapporto con le Regioni del bacino non sufficientemente pronte a farsi carico del rientro dei loro internati.

Molto positivi sono, invece, non solo il trend delle dimissioni e delle Licenze Finali di esperimento (LFE), a conferma del positivo  rapporto strutturato tanto con i DSM di appartenenza degli internati che con la Magistratura, (su 240 pazienti in carico, 169 risultano presenti nell’Istituto mentre i restanti sono in LFE) ma soprattutto una formazione degli operatori che ha consentito di azzerare il ricorso alla contenzione. Così nel corso della visita abbiamo, casualmente, potuto assistere ad un intervento di gestione di un paziente che aveva avuto un episodio di aggressività nei confronti degli stessi operatori che ora lo stavano gestendo pazientemente, con atteggiamento fermo ma dialogico, senza ricorso a contenzioni fisiche come certamente sarebbe accaduto in passato, con la partecipazione anche del Direttore del DSM di Reggio di cui l’opg è parte integrante.

L’abolizione della contenzione rappresenta una tappa fondamentale per l’affermazione della dimensione sanitaria dell’intervento, tanto più all’interno di una struttura di per sé volta alla contenzione e alla repressione, e di questo va riconosciuto merito agli operatori.

Quello che stupisce è che questo risultato, di cui tutti dovrebbero andare orgogliosi, sia contestato addirittura dai sindacati (CGIL, Cisl e Coordinamento nazionale Polizia Penitenziaria) che in un loro comunicato stampa, in relazione ad un intervento nei confronti di un paziente particolarmente agitato che ha richiesto una gestione di oltre un’ora per raggiungerne la tranquillizzazione, invocano il ripristino del letto e degli strumenti di contenzione fisica che “menti illuminate del DSM” hanno deciso di eliminare dall’opg mentre, sempre al dire degli estensori del comunicato sindacale, questi continuano ad esserci nei servizi di diagnosi e cura: questo non ci pare un valido motivo per reintrodurre, laddove sono stati aboliti, strumenti che nulla hanno a che vedere con la cura ma dovrebbe, al contrario, essere l’occasione per richiederne l’eliminazione laddove vengano tuttora impiegati.

Al termine della visita non possiamo che auspicare che gli elementi gestionali positivi riscontrati, superando le ostilità denunciate, diventino sempre più il vero motore della chiusura e non producano, anche a Reggio Emilia, quell’effetto paradosso, già riscontrato in altre sedi di opg, per cui l’efficienza diventa un ostacolo alla chiusura.

18 novembre 2013