Chiudere subito gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari rimane un dovere collettivo.

Gli ultimissimi dati sulla popolazione degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, segnalano una situazione di gravissimo stallo nel processo di dismissione.

E' questa, una constatazione, che avevamo avuto modo di sottolineare, anche all'indomani delle nostre ultime visite alle strutture in novembre: si evidenziava, difatti,  la burocratizzazione del percorso, l'attardarsi intorno a tavoli di lavoro per lo più scollegati dai contesti nei quali si dovrebbero, naturalmente, dispiegare i programmi di ritorno sul territorio di tutte le persone ancora costrette in OPG.

Sono in numero di 1073, tra uomini e donne,  gli internati, al 15 gennaio u.s., verso i quali - a nostro avviso - non registriamo nè l'attenzione necessaria nétantomeno quel fervoreche pure avevamo colto, negli anni  ‘80, allorquando, ASL, Regioni e Servizi territoriali (di Salute Mentale, geriatrici o di handicap stabilizzato) crearono, in tante realtà locali la giusta osmosi tra il dentro e il fuori, cioè tra il manicomio equel territorio sul quale bisognava costruire l'alternativa per il ricoverato, anche attraversoil coinvolgimento collettivo.

Il lavoro straordinario compiuto dalla Commissione Marino, il monito del Presidente Napolitano e le stesse migliaia di firme raccolte da Psichiatria Democratica nel Paese, a testimonianza di un risposta netta ad un sentire comune perchè si completasse -finalmente – con lachiusura degli opgil cammino tracciato da Franco Basaglia, richiedono un ulteriore sforzo.

Più duro, in ragione dell’attuale scenario politico-elettoralein cui una applicazione burocratica della legge, favorendo soluzioniistituzionali, sottraesempre più aria e risorse ai progetti individualizzati, l'unica strada da imboccare per Psichiatria Democratica, se vogliamo chiudere - come fino alla noia abbiamo detto - presto e benequesta angosciante pagina della nostra storia contemporanea.

Rilanciamo ancora una volta le nostre richieste, disposti, come avviene ormai da quarant'anni, a sporcarci le mani,dentro i processi di cambiamento pur di fare avanzare, concretamente, i percorsi di inclusione sociale dei tanti espulsi dal contesto ed abbandonati, perduti negli OPG.

Nella pratica riproponiamo quanto segue:

A) Titolarietà pubblica dei singoli progetti sia per garantire il raccordo tra tutti gli attori in campo (Regioni, ASL, familiari, volontariato, territori etc.),  sia per evitare che il vuoto progettuale consegni nelle mani  di unprivato mercantile il futuro degli attuali internati o che si traduca, come già se ne colgono allarmanti segnali, attraverso l’accorpamento di più moduli, in una loro neo -manicomializzazione in strutture anche di grandi dimensioni (da Castiglione delle Stiviere a Girifalco) ;

B) Creazione di una task-force da parte dei Ministeri della Salute e della Giustizia quale ponte con le Regioni, al fine di garantire "buone dimissioni", con giusta allocazione di risorse umane ed economiche in grado di garantire nel tempo l'attuazione di progetti casae progetti lavoro individualizzati anche perquanti saranno restituiti alla lorocomunità temporaneamente accolti nelle strutture che noi vogliamodi piccole dimensioni;

C) Penalizzazioni di tipo economico alle Regioni che non adempiranno - nei tempi concordati - a quanto previsto dal Decreto Severino sulla chiusura degli OPG;
D) Monitoraggio attivo, da parte del Ministero della Salute, circa l'attuale e la futura collocazione delle persone ristrette in OPG.

 

 Gennaio 2013

                                                        Emilio Lupo - Cesare Bondioli